L’autentica delle firme, o più precisamente delle sottoscrizioni, come indicato nell’art. 21 del D.P.R. 445/2000, è di competenza dell’impiegato che viene incaricato dal Sindaco.
"Sottoscrizione” significa, in senso letterale, “scrivere sotto”. È quindi impossibile autenticare una sottoscrizione in bianco, dato che nel significato letterale del termine occorre che vi sia un qualcosa da sotto-scrivere, nonché per la necessità di verificare che l’autentica ricada nelle nostre competenze.
La firma deve essere apposta in presenza del funzionario, il quale deve identificare il sottoscrittore (previa esibizione di un documento di identità valido), quindi attestare che la firma è stata apposta in sua presenza, che ha identificato il dichiarante indicando il modo con cui l’identità è stata accertata, quindi completando con il proprio nome e funzione, luogo e data, firma e timbro dell’ufficio.
Non occorre l'autentica per le istanze e dichiarazioni sostitutive che vengono presentate alla Pubblica Amministrazione o ai gestori di pubblici servizi, anche in via telematica, dato che il primo comma prevede che l’autenticità sia garantita dalla copia di un documento di identità, secondo le indicazioni dell’art. 38, così come è valida la firma digitale, se presentate in forma telematica.
Lo stesso articolo 38 consente a tutti i dipendenti addetti al ricevimento di una pratica di autenticare la sottoscrizione, se non viene allegato il documento, ovviamente limitatamente alla pratica stessa. Se ci si rivolge quindi, ad esempio, all’ASL, all’Agenzia delle Entrate o ad un Ufficio tecnico, l’impiegato che si occupa della nostra istanza può legalizzare la firma su quella specifica istanza, senza bisogno di incarichi particolari, in quanto già previsto del Legislatore.
Con la sentenza n. 19966 del 30 agosto 2013, la sez. III della Corte di Cassazione ha definito i limiti della competenza del funzionario, dato che “il potere di autenticazione del dipendente addetto dell’ufficio comunale non è generalizzato, ma è di volta in volta individuato dal Legislatore”. La sentenza stabilisce che l’atto la cui sottoscrizione è stata autenticata da un funzionario non competente è nullo, per cui, di conseguenza, sono nulli tutti gli atti successivi basati su di esso.
Limiti all’attività di legalizzazione
Secondo la nostra legislazione generale, l’autentica della sottoscrizione è di competenza dei notai (art. 72 Legge 16 febbraio 1913, n. 89). Le autentiche ad opera di soggetti diversi devono essere quindi intese come una deroga a questo principio generale, e non possono pertanto essere applicate a tutti i casi, bensì limitatamente a tipologie definite.
Si possono autenticare le sottoscrizioni:
- Degli atti relativi al passaggio di proprietà dei beni mobili registrati e la costituzione di diritti di garanzia su di essi, ovvero pegni ed ipoteche.
- Relative a quietanze liberatorie.
- Sugli atti previsti dal Codice di Procedura Penale.
- Su determinati atti relativi alle adozioni.
- Su dichiarazioni inerenti alla sussistenza del debito.
- Le firme in materia elettorale (art. 14, L. 53/1990, che estende anche al Sindaco e ad altri soggetti la competenza ad autenticare) o in materia di adozione (art. 31, lett. e), L. 184/1983).
- Le istanze e dichiarazioni sostitutive rivolte a privati.
La dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà riguarda invece “stati, qualità personali o fatti che siano a diretta conoscenza dell'interessato” (art. 47, D.P.R. 445/2000), sia riferiti all’interessato stesso che ad altre persone.
Quindi sì all’autentica di sottoscrizione se, ad esempio, il sottoscrittore dichiara di essere invalido, di essere stato tamponato, di essere capace di recitare la Divina Commedia a memoria, di sapere che il vicino di casa passeggia fino alle tre di notte, o simili. Naturalmente in questo caso si legalizza la firma, ma non si entra nel merito della veridicità del contenuto.
Infine, l’incaricato del Sindaco può legalizzare atti rivolti alla Pubblica Amministrazione o a gestori di pubblici servizi, se finalizzati alla riscossione da parte di terzi di benefici economici, ad esempio una delega a ritirare una pensione o un assegno di invalidità.
Non si possono invece legalizzare, in quanto non ricadono nelle previsioni di legge, dichiarazioni di volontà. Non si possono quindi legalizzare procure, deleghe, diffide ad adempiere, testamenti, sottoscrizioni di polizze assicurative o prodotti finanziari, autorizzazioni, compravendite (fatti salvi i beni mobili registrati), rinunce ed in generale tutto ciò che non ricade nella definizione di istanza o dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà.